io non volevo venire ma Pietro ha isistito e così, siamo partiti tardi da casa, era quasi mezzogiorno, speravo tanto di rivederti, ma così non è stato. O forse si?
Tempo fa durante una riunione ti avevo salutato, avevo pianto nel vederti andare via, ma il mio cuore era leggero, ti vedevo sereno del tuo viaggio ma dispiaciuto nel lasciarci.
E così, domenica, siamo venuti a trovarti, ero arrabbiata, confusa, impaurita, smarrita, stanca, avrei voluto fuggire, ma ero come attratta dal luogo in cui ti abbiamo lasciato, e nello stesso tempo mi sentivo respinta; Pietro davanti a me procedeva spedito io arrancavo brontolando ed imprecando...
lunedì 17/10/2016
non scrivo con continuità, così come non vivo con continuità, mi ritrovo ora, leggendo quello che avevo scritto in luglio, di nuovo sui monti, di nuovo a cercarti, di nuovo sola con la mia rabbia, il mio dolore e la mia inadeguata presenza, non centro nulla con i tuoi monti, sono i tuoi, sono di Rocco , sono dell'Anna, sono di Romano, li ci sono le vostre vite la vostra gioventù, la vostra crescita i vostri ricordi più antichi, io ho pochi ricordi, forti, fortissimi, ma pochi e che sono solo miei perchè non ho con chi condividerli, non ho un passato su quei monti.
Ma tu sei la e quando finalmente ho raggiunto la cima e ho visto che parte di te era ancora li, mi sono messa finalmente a piangere, erano ormai anni che non piangevo più, ho atteso invano che tu apparissi tra le piante, ho atteso invano di sentire il profumo dell'elicriso, ho atteso invano di udire chiamare il mio nome.
L'attesa ha fatto di me questo essere insicuro e assolutamente inadeguato, non mi sento pronta ad affrontare i giorni e le notti, da un po' di giorni non assumo più terapie e quindi inizio ad essere di nuovo me stessa e non mi piace ciò che sono e non ho la forza o la volontà per cambiare, come vorrei che non fosse così!
So cosa dovrei fare, so contro cosa dovri lottare ma mi domndo la ragione per farlo qual'è? La fine è comunque una e da quella non si torna.
Quindi a cosa mi porterebbe lottare, lo scopo finale qual'è?
A volte mi scopro intenta a crogiolarmi in questo abisso di vuoto, in questa voluttà di velluti grigi, avvolta da ovatta la mente riposava quieta adesso è come se fosse in canottiera sotto una tempesta, sferzata dai venti degli umori che si susseguono repentini, io non riesco a domarli, riesco a mala pena a riconoscerli e molte volte mi accorgo di esserne stata travolta solo quando sono passati, per poi diventare palude immota e piena di trabocchetti che vedo solo quando ormai ci sono finita dentro.
Avere sospeso la terapia antidepressiva ha fatto si che riaffiorassero in me molte sensazioni represse, non c'erano più ne dolore ne vera gioia, allegria però si, adesso ho una confusione di sentimenti in testa che vorrei finissero di correre e litigare fra loro, non ho un gran autocontrollo, sono irosa e suscettibile ma quando sono serena la sono davvero è che la serenità è cosa sempre più rara e lontana, sproloquio a vanvera in queste righe, che palle non va bene come rispondo, non va bene come parlo, i toni, mi si dice, siano sempre fuori luogo, stateci voi con tutti sti casini in testa, sono così rumorosi che a volte la testa sembra vuota.
La frase più ricorrente che mi sento dire è :" C'è chi sta peggio di noi, non lamentiamoci"
Ecco io non la sopporto sta frase, perchè è di un'ovvietà disumana, così come è ovvio che c'è chi sta meglio di noi e chi sta come noi o appena meglio o appena peggio.
E allora? Io ho i miei cazzi per la testa e pensare, davvero pensare non solo dirlo, ai cazzi degli altri non aiuta, anzi amplifica il mio senso di inadeguatezza a questa cosa che ci ostiniamo a chiamare vita.